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Il piano B per Popolare di Vicenza? Impraticabile

Leggo su Il Fatto Quotidiano di oggi che l'analista finanziario Scarano parla di un possibile piano alternativo B alla quotazione e relativo aumento di capitale della Pop Vicenza. Consiste nella scissione della attuale BPVi in 7 piccole banche con un attivo inferiore agli 8 miliardi (non 5 come erroneamente scrive Scarano, la Pop Vicenza infatti ha un attivo di 55 miliardi) . Questo per non rientrare nell'ambito di applicazione della legge che decreta la trasformazione delle popolari in spa. Sarebbe praticabile questa strada? Realisticamente parlando sarebbe assai ardua.
Si dovrebbe scindere la rete degli sportelli, il personale, gli attivi in 7 piccole banche con problemi sul fronte del credito, della rete di distribuzione. Certo forse non servirebbero 1,5 miliardi di aumento di capitale ne basterebbero 500. Ma il territorio che ha messo poco o niente negli ultimi due aumenti di capitale (tutto autofinanziato di fatto, cioè la banca dava i soldi ai soci per sottoscrivere l'aumento ed acquistare le azioni) sarebbe in grado di apportare denaro fresco per questa operazione di ricapitalizzazione di 7 piccole banche? Come verrebbero spartiti gli attivi, in base a che criterio? Sarebbero in grado di finanziare le aziende venete o dovrebbero inevitabilmente essendo meno grandi ridurre i fidi e i finanziamenti ai nostri imprenditori? E se un domani una o più di loro dovesse, come è normale aumentare gli attivi che accadrebbe? Saremmo da capo: aumento di capitale e quotazione in borsa. Realisticamente il piano B non ha basi solide su cui reggersi e creerebbe ulteriori problemi e forse una ulteriore  e massiccia fuga dei depositi e dei correntisti. Lo ritengo  impraticabile. Attendo fiducioso che qualche associazione o gruppo di soci avanzi un serio e credibile piano industriale che presenti possibili alternative alla quotazione in borsa e al conseguente aumento di capitale, assolutamente necessario dato lo stato in cui versa l'istituto berico.

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