Riporto di seguito integralmente un articolo apparso oggi su Vvox che trovo estremamente lucido e che rappresenta in pieno anche il mio pensiero. Leggetelo e riflettete a fondo.
I casi Galan prima e Formigoni oggi parlando in un'Italia ricca, che dà troppo facilmente addosso alla classe dirigente, senza fare autocritica.
Noi italiani siamo bravi, noi italiani siamo proprio bravi. Quando emigriamo nelle università estere siamo più brillanti degli altri. In fondo siamo creativi ed industriosi, siamo il secondo paese europeo per produzione manifatturiera. Quando quasi increduli ci ripetiamo questo mantra ottimistico inevitabilmente un interrogativo ci assale: allora perché andiamo più piano degli altri? Perché il Paese sembra essersi inceppato?
La risposta è molto semplice: siamo disonesti. La disonestà non è una mera questione etica, è l’ostacolo e il freno dello sviluppo del nostro sistema. Siamo disonesti noi e disonesta è la nostra classe dirigente. Quando urliamo contro i politici di fatto rifiutiamo di guardarci allo specchio, mettiamo in atto un meccanismo di autoassoluzione. Perché 200 miliardi all’anno di evasione, 140 miliardi all’anno di economia mafiosa e 60 miliardi di corruzione significa dover tagliare la sanità e la scuola, non avere la possibilità di mettere in atto politiche economiche espansive.
Ecco perché il caso Formigoni parla anche di noi. Condannato in primo grado a 6 anni di reclusione, secondo i pm avrebbe messo in piedi un’articolata architettura di potere dalla quale avrebbe ricevuto 8 milioni di tangenti. Appalti pilotati, lavori distribuiti preferibilmente alle aziende “affini” significa far lievitare i costi. Per quelli che rubano paghiamo tutti. Questa è la triste storia che accomuna la locomotiva d’Italia, la Lombardia al Veneto. Due presidenti, Formigoni e Galan, due sistemi di potere opachi, due condanne per corruzione. Giganti economici e nani politici – nani ladri, peraltro.
Rileggere “Veneto anno zero” di Renzo Mazzaro sarebbe indispensabile, bisognerebbe presentarlo nelle scuole. Il sistema di corruzione costruito sull’affare del Mose profuma di repubblica delle banane. Per anni il Consorzio Venezia Nuova ha distribuito appalti senza bandi di gara. Quando Bolkenstein minacciò un procedimento di infrazione, l’Italia contrattò e riuscì ad ottenere che solo il 51% degli appalti dovessero passare per i bandi di gara. Come dire, almeno metà lasciatecela dare ai nostri amici. Alla fine solo il 5% passò per regolari procedure. Galan prese un milione all’anno per 10 anni. Finì in galera anche l’assessore delle infrastrutture Renato Chisso (quando venne arrestato nel 2013, bisogna ricordarlo, era assessore anche della prima amministrazione Zaia). Secondo i pm la corruzione del Mose è costata un miliardo di euro.
I lombardi e i veneti si sono strappati le vesti? Sono scesi in piazza? No, questa classe dirigente è stata confermata in pompa magna alle elezioni successive. I nani politici non cadono dal cielo, li eleggiamo noi.
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