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Pulizia, pulizia, pulizia


Il sistema bancario italiano ha bisogno di pulizia, pulizia e ancora pulizia.
Iniziamo dalla prima pulizia. Deve smaltire 200 miliardi di sofferenze e 160 miliardi di incagli (prestiti scaduti ma non ancora in sofferenza). Totale 360 miliardi che sono ben il 20% degli impieghi di tutto il sistema bancario italiano. Un record in Europa. Sono prestiti concessi a imprese e famiglie in difficoltà. Per circa il 75% tali prestiti in sofferenza fanno capo a imprese piccole e grandi. Ricordiamo che l'Italia è il paese europeo con un sistema manifatturiero secondo solo alla Germania. Un sistema entrato in crisi nel 2008 in seguito alla crisi e mai ripresosi. Il pil del nostro paese è sceso del 10% dal 2008 al 2015 e abbiamo perso il 25% di capacità produttiva. Con questi numeri tante piccole e medie imprese non sono state in grado di ripagare i prestiti concessi mandando in difficoltà le banche. Ci sono stati certamente anche casi di mala fede, prestiti concessi agli amici, ma solo una parte. Dei 360 miliardi di crediti non in bonis 83 sono crediti netti per i quali cioè si sono già provveduti a creare i relativi accantonamenti; 120 sono lordi cioè senza accantonamenti. Pensare di creare una bad bank con fondi pubblici per questa montagna di prestiti è utopistico oltre che irrealizzabile, dati i parametri europei vincolanti per il nostro disastroso bilancio che presenta un debito pubblico di 2.200 miliardi. Vendere questi npl pari a 120 miliardi al netto degli incagli a qualche fondo avvoltoio estero comporterebbe una perdita secca dell'83% dato che i fondi specializzati esteri non pagano piu' del 17-20% del valore facciale di questi crediti. Quindi le soluzioni di sistema sono assai difficili. La unica soluzione sarebbe quella di rendere esercitabili in tempi brevi (2 anni max) le garanzie che sottostanno ai prestiti erogati,  in gran parte immobiliari.  La recente riforma prevede la escussione delle garanzie sui futuri contratti non su quelli passati. Quindi i problema resta tutto, aggravato dai 160 miliardi di incagli che potrebbero diventare sofferenze. Forse la creazione del fondo Atlante puo' essere la prima timida risposta al problema anche se lo stesso ha una dotazione patrimoniale ridotta pari a 4,25 miliardi che presto potrebbero essere assorbiti quasi del tutto dagli aumenti di capitale di Veneto Banca e Banco Popolare (oltre a quello già avvenuto di BPVi). Servirebbe dotare il fondo Atlante di almeno altri 10 miliardi ( che a leva sarebbero 100 circa) per poter rilevare una parte sostanziosa delle sofferenze. Oggi solo la Cassa Depositi e Prestiti dispone della liquidità sufficiente per fare questa operazione. Bisogna vedere cosa direbbe la Unione Europea. Li considererebbe aiuti di Stato? 

Seconda pulizia: numero delle banche. In Italia ci sono ancora troppe banche: 654 istituti di cui ben oltre 500 non appartenenti a gruppi. Con la riforma della BCC tante di queste banche spariranno per fortuna. Queste banche, in gran parte sottodimensionate, non sono efficienti per il sistema complessivo; sono il retaggio di un sistema creditizio anacronistico che vedeva le banche legate al territorio e soprattutto a  gruppi di potere locali, che si spartivano, con il beneplacito della politica, sedie e favori. In Italia abbiamo 11 istituti di credito ogni 1.000.000 di abitanti. Troppi se pensiamo che la Francia ne ha 7 e la Spagna 4,6. La Francia ha meno istituti e piu' grandi. Gestiscono asset totali per 7,1 migliaia di miliardi contro i 2,7 del nostro paese. Dobbiamo arrivare al livello almeno della Francia, ad un totale di circa 400 istituti. Un taglio del  30%, eliminando circa la metà dei consigli di amministrazione. In Italia una prima riforma si è fatta negli anni '90 con l'accorpamento di tanti istituti di credito. Poi altri accorpamenti sono seguiti nel periodo successivo al 2006. Adesso con il decreto che trasforma le Popolari e quello sulle BCC ci avviamo a completare il dovuto processo di riforma del sistema. Un processo che ha tardato sin troppo a realizzarsi, a causa dei veti dei gruppi di potere locale e in parte delle infiltrazioni politiche, che ancora condizionano le banche. Il modello di business di queste è antiquato, dipendendo in gran parte  dalla erogazione di prestiti (impieghi) e non dalla erogazione di servizi. Certo le nostre banche hanno fatto poca finanza creativa e speculativa ma questo alla lunga si è rivelato un grosso tallone di Achille. Dipendere solo dalla erogazione di finanziamenti alle imprese e famiglie si è rivelato controproducente per i bilanci delle banche nostrane, soprattutto in un periodo di vacche magre. 

Infine serve fare pulizia nel numero degli sportelli e nel numero di addetti complessivi del sistema. Oggi il nostro sistema creditizio impiega 300.000 persone. Troppe. Il numero di addetti in un sistema che sarà sempre piu' automatizzato è destinato a scendere vertiginosamente nonostante le strenue resistenze opposte dai sindacati.
Siamo solo all'inizio del riassetto e della (dovuta) pulizia del sistema creditzio italiano. Arrivata con un ritardo di oltre 10 anni e che sarà completata nel giro dei prossimi 2-3.
Alla fine avremo meno banche, piu' snelle, molto piu' efficenti e soprattutto molto piu' sane e redditizie.

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