Esiste un motivo per il quale Gianni Mion, presidente di BPVicenza, ha in questi giorni piu' volte affermato che la proposta di conciliazione per i vecchi soci azzerati di BPVicenza e Veneto Banca non potrà essere inferiore al prezzo di recesso: lo stop alla legge di trasformazione delle Popolari in spa. La udienza del consiglio di Stato nel merito della riforma è prevista per il 12 mentre si attende il pronunciamento della Consulta sulla costituzionalità dell'intera riforma. Il consiglio di Stato nel bloccare momentaneamente gli effetti della legge ha anche affermato che è incostituzionale negare il diritto all'esercizio del diritto di recesso da parte del socio. Cosa che è avvenuta quando Veneto Banca e BPVicenza sono state trasformate escludendo di fatto il diritto di recesso.
Mion vorrebbe ristorare i vecchi soci con un valore pari ad almeno il diritto di recesso in modo da evitare problemi nel caso (probabile) che la consulta ed il consiglio di Stato confermino la nullità della riforma in merito all'esercizio del diritto di recesso.
Tutto bene quindi? Assolutamente no perchè considerando il prezzo medio di recesso di circa 7 euro ( nello specifico 6,30 euro per BPVicenza e 7,30 per Veneto Banca) per il numero di azioni da rimborsare pari a circa 150 milioni (tutte quelle emessa dal 2006 in avanti) salta fuori una cifra di oltre un miliardo. Ad oggi le due banche hanno accantonato 600 milioni circa. Chi metterà la differenza? Le due banche, alle prese con un nuovo probabile aumento di capitale non inferiore ai due miliardi per ripianare le perdite a fine anno, dovrebbero accantonare allo specifico fondo altri soldi che non hanno. La BCE preme per un nuovo piano finanziario per i due istituti (in uno scenario di fusione) entro fine gennaio e difficilmente darà il suo placet per nuovi fondi per risarcire i vecchi soci.
Ecco perchè la famosa proposta per i vecchi soci tarda ad arrivare. E chissà se arriverà a breve con tutti questi problemi sul tavolo: dai tagli al personale (che si preannunciano lunghi e costosi), al taglio dei crediti in sofferenza, al nuovo aumento di capitale. Senza tentare di sanare la ferita con i vecchi soci la reputazione di queste due banche sarà irrimediabilmente persa.
Comunque questi due istituti sono ormai un buco nero.
Servono almeno altri due miliardi per ripianare le perdite, altri quattrocento milioni per rimborsare i vecchi soci, altro mezzo miliardo circa per la ristrutturazione del personale. Totale 3 miliardi.
Tutto questo in un contesto economico difficile, con una fuga dei correntisti e dei depositi aggravata giorno dopo giorno da una mancanza di strategia e di un credibile piano.
I soldi non li metterà il fondo Atlante perchè non li ha (o meglio ha solo al massimo un miliardo), non li metteranno i "grandi"imprenditori veneti, nè improbabili fondi esteri.
Serve come detto in precedenza una soluzione di sistema nazionalizzando le due banche. Serve farlo in fretta altrimenti il 31 dicembre del 2017 parleremo per le due banche ormai fuse di una ulteriore perdita. A quel punto che si farà? Si applicherà il bail in?
Serve agire rapidamente i cadaveri sono ormai in stato di avanzata decomposizione. Finiamola da veneti di mettere la testa sotto la sabbia e affrontiamo subito la dolorosa realtà.
Commenti
Posta un commento