In queste ore il governatore del Veneto Luca Zaia ha parlato di rimuovere dal vincolo del patto di stabilità le opere destinate al riassetto idrogeologico. Si tratta di una proposta sensata, non originalissima peraltro, ma che da sola fa fatica a stare in piedi. In tal senso ci sono alcune considerazioni da fare. Uno, il patto di stabilità interno (che è in parte la prosecuzione di quello voluto dalla Ue nel 1997), introdotto dal centrodestra, e mai toccato dal centrosinistra, è un insieme di norme e procedure che ha come primo compito quello di puntellare un bilancio dello Stato traballante senza intaccare i privilegi e le rendite di posizione. Due, la vera questione starebbe nel disimpegnare la maggior parte dei fondi destinati alle grandi opere per destinarli al riassetto idrogeologico e all'ambiente più in generale. La cosa, per l'ennesima volta è stata ribadita lunedì sera a Ottoemezzo su La7 dal professore Tomaso Montanari. Sarà l'ennesimo allarme caduto nel vuoto?
Guardando oggi alla situazione politica del paese e ai suoi protagonisti vengono in mente i nani e le ballerine del circo. Un coacervo di partiti e movimenti senza idee, nè valori programmatici, nè programmi convincenti. Il nulla. Tanto da far rimpiangere i politici di vecchia scuola e la politica di qualche decennio fa che, magari, qualche valore lo aveva. Il problema è che anche chi nei partiti si oppone ed è contrario alla linea ufficiale alla fine non ha il coraggio o la forza di proporre qualcosa di alternativo. Eppure nel vuoto dell'oggi ci sarebbe una prateria disponibile. Purtroppo nel Pd come nel M5S o in Forza Italia i dissidenti non hanno abbastanza carisma e al dunque si appiattiscono, spesso per mera convenienza, sulle posizioni dominanti legittimando di fatto lo status quo, incapaci di arrivare ad uno strappo con quel sistema dal quale comunque traggono indirettamente una qualche forma di legittimazione e riconoscimento. Oggi non c'è spazio per il carisma,...
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